L’Agenzia delle Entrate, con la C.M. n. 18/E/2014, non si è occupata esclusivamente della fatturazione elettronica, ma anche di quella semplificata di cui all’art. 21-bis del D.P.R. n. 633/1972, riguardante i documenti di ammontare complessivo non superiore ad euro 100. In primo luogo, è stata affrontata la tematica dell’alternatività tra i dati del cessionario o committente, ricordando che il co. 1, lett. e), della disposizione stabilisce che deve essere indicata la ditta, denominazione o ragione sociale, il nome e cognome, la residenza o il domicilio del soggetto cessionario/committente e del rappresentante fiscale, nonché – per i soggetti non residenti – l’ubicazione della stabile organizzazione: in alternativa, nel caso del soggetto stabilito in Italia, è altresì contemplata la possibilità di indicare il codice fiscale o il numero di partita Iva, ovvero – nell’ipotesi di soggetto comunitario – il numero di identificazione Iva attribuito dallo Stato membro di stabilimento. Sul punto, l’Amministrazione Finanziaria ha chiarito che l’individuazione del cessionario o committente, alternativamente, con i predetti elementi non preclude l’esercizio al diritto della detrazione: è stato, inoltre precisato che il conseguente obbligo di registrazione della fattura semplificata si ritiene correttamente assolto con l’indicazione dei dati risultanti da tale documento fiscale, a dispetto di quanto previsto dall’art. 23, co. 1, del D.P.R. n. 633/1972, che richiede, invece, l’annotazione della “ditta, denominazione o ragione sociale del cessionario del bene o del committente del servizio”. Fermo restando che devono essere rispettate tutte le altre modalità di registrazione stabilite per le fatture attive, come l’esposizione della base imponibile e dell’Iva, distinti in virtù dell’aliquota applicata.

L’Agenzia delle Entrate, ricordando che la semplificazione può riguardare anche la nota di variazione (art. 26 del D.P.R. n. 633/1972), ha, tuttavia, ribadito che la stessa non è soggetta al limite di euro 100 a cui è, invece, sottoposta l’emissione della fattura originaria (C.M. n. 13/E/2013), e che tale agevolazione riguarda, indifferentemente, sia le variazioni in aumento che quelle in diminuzione. La facoltà di avvalersi della semplificazione non è neppure subordinata al formato della fattura oggetto di rettifica, con l’effetto che è, pertanto, possibile emettere la nota di variazione semplificata di una fattura emessa secondo le modalità ordinarie, purchè riporti il “il riferimento alla fattura rettificata e le indicazioni specifiche che vengono modificate” (art. 21, co. 1, lett. h), del D.P.R. n. 633/1972). Tale adempimento consente, infatti, di ricondurre la fattura rettificativa al documento originario, correlandone i dati essenziali, ai fini di una corretta tenuta della contabilità. La C.M. n. 18/E/2014 ha pure precisato che la necessaria correlazione tra la nota di variazione e la fattura originaria deve intendersi riferita al numero di fattura, all’identità del cedente e del cessionario, alla fattura rettificata e alle specifiche indicazioni modificate per effetto dell’applicazione dell’art. 26 del Decreto Iva.

Con riguardo al peculiare caso delle operazioni di abbuono o sconto, determinanti una variazione dell’importo fatturato dal cedente a seguito della riduzione del prezzo del bene, l’Agenzia delle Entrate ha confermato il proprio orientamento (R.M. n. 36/E/2008), secondo cui la nota di credito deve contenere le informazioni idonee ad individuare il premio o lo sconto concesso al cliente.

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